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Al Diavolo! Lucifero nella Letteratura Europea dal '500 ad oggi

Aggiornamento: 17 ago 2022

Seminario a cura di Riccardo Zambon

per Babylon Lingue Straniere


XVI e XVII SECOLO


CHRISTOPHER MARLOWE: La tragica storia del Dottor Faust (1589)


Canterbury 1564 – Deptford (Londra) 1593

Famiglia: Padre un calzolaio violento, due sorelle note bestemmiatrici.

Si laurea a fatica (molte assenze) nel 1587. Gli anni successivi – gli ultimi 7 di vita – caratterizzati dal grande successo teatrale, ateismo e nomea di machiavellico.

Problemi giudiziari: accusa di concorso in omicidio, due denunce e un arresto per blasfemia ed eresia, morte a 29 in seguito a una rissa in una taverna, possibile regolamento di conti fra spie.


BLANK VERSE


È un verso drammatico a cinque accenti (pentametro giambico), non dipendenti dalla quantità della sillaba, formato da un insieme di dieci sillabe. Si accentano (qualora sia necessario) quelle pari, l'ultima compresa:

«Shall Ì compàretheetò a sùmmer'sdày?»

(William Shakespeare, Sonnet XVIII – version sung by David Gilmour)


Il primo uso noto di «versi vuoti» in lingua inglese fu da Henry Howard, conte di Surrey nella sua traduzione dell'Æneid (composta intorno al 1540; pubblicata postuma, 1554-1557). Potrebbe essere stato ispirato dall'originale latino poiché il verso latino classico non usava la rima; o forse è stato ispirato da versi del greco antico o dalla forma in versi italiani di versi sciolti, entrambi i quali non usavano nemmeno la rima.

Christopher Marlowe è stato il primo autore inglese a raggiungere la notorietà critica per il suo uso di versi vuoti. I maggiori successi in versi bianchi in inglese furono realizzati da William Shakespeare, che scrisse gran parte del contenuto delle sue opere in pentametro giambico senza rima, e John Milton, il cui Paradise Lost (1667) è scritto in versi vuoti. Divenne il metro delle opere drammatiche; poeti romantici inglesi come William Wordsworth , Percy Bysshe Shelley e John Keats usavano versi vuoti come forma principale. Per influsso suprattutto di Shakespeare, Milton, comparve in Germania nel secondo Settecento e divenne il verso dominante nel teatro, da Lessing a Goethe, Schiller e Kleist. Dalla Germania si diffuse poi in Scandinavia e in Russia.


FAUST: CHI SEI?


Già nel mondo antico, in Egitto, Assiria, Israele, Grecia e Roma, si parla di magia «naturale»: è lo strumento del dominio umano sulle forze della natura. Il tema di questi poteri sovrumani e della possibilità di contrattare con un demone compare già negli Atti degli Apostoli (VIII, 9-24), con la storia di Simone Mago: "Vi era un tale, di nome Simone, che aveva esercitato nella città le arti magiche e faceva sbalordire le genti della Samaria, spacciandosi per qualcosa di straordinario". Simon Mago è "l'antagonista di Simon Pietro e pare che si spacciasse come Messia".

MAGO = dal greco μάγος = sapiente


GEORG FAUST: personaggio vissuto in Germania tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500. Di lui si sa che nel 1509 si laurea all’Università di Heidelberg e che nel 1530 si trova a Wittenberg, sulla cui piazza pochi anni prima (1520) Lutero aveva bruciato la bolla papale. Negli anni precedenti, con la qualifica di Magister Georgius Sabellicus Faustus junior, si vantava di poter ripetere i miracoli di Gesù (Würzburg), di realizzare qualsiasi desiderio umano e di superare l’arte degli alchimisti (Kreuznach). Nel 1513 a Erfurt, commentando Omero aveva fatto apparire eroi omerici davanti agli studenti.. Un francescano, Konrad Klinge, aveva tentato di convertirlo, ma Faust gli avrebbe dichiarato di aver ormai firmato col proprio sangue in inviolabile patto col Diavolo. Di lui si perdono le tracce fino al 1520, quando per conoscere il proprio oroscopo, il vescovo-conte di Bamberg gli riconosce una cifra molto elevata. Sarebbe morto in età avanzata e di morte non naturale intorno al 1540.


1587Historia von D. Johann Fausten ad opera di Johann Spiess. Opera in 69 capitoli successiva a una serie di storie scritte in latino prima e in tedesco poi, a partire dal 1570.

1589 – esce in Inghilterra il dramma The Tragical History of Doctor Faustus di Christopher Marlowe

1608-1626 – Tra Austria e Germania, varie farse e spettacoli di marionette in tutta la Germania

1775 – dramma in cinque atti Johann Faust del viennese Paul Weidmann

1778Vita e Morte del Dottor Faust: incompiuta opera drammatica del pittore e poeta tedesco Friedrich Müller

1786 – pubblicati alcuni inediti con un frammento teatrale sulla storia di Faust ad opera di Lessing

1791 – romanzo di Maximilian Klinger Vita, Imprese e Viaggio all’Inferno di Faust

1831 Faust di Goethe, dopo oltre 63 anni di lavoro suddivisi in 4 periodi creativi

1941Mon Faust, racconto di Paul Valéry

1947Doctor Faustus, romanzo di Thomas Mann


IL FAUST DI MARLOWE


Il Dottor Faust di Marlowe è un’opera tipica della prima fase del teatro tragico elisabettiano:

-Struttura tipica dell’archetipo greco

-Ricostruzione di un ordine finale per risolvere e superare la situazione tragica

-Il drammaturgo porta in scena le forze in conflitto dell’epoca: Re, nobili, cavalieri. Il popolo è per definizione assente dalla tragedia, confinato in ruoli di sfondo per lo più comici: la folla, i caratteristi, i clowns.

-Raramente l’individuo comune emerge dallo sfondo per entrare come Faust nello spazio tragico

In The tragical history of doctor FaustusMarlowe descrive la parabola di Faust, ispirandosi al leggendario negromante tedesco Johann Fausten (del quale era stata scritta la biografia pochi anni prima, nel 1587)

Nell'opera si scontrano il desiderio tipicamente rinascimentale di raggiungere quanta più conoscenza possibile e il concetto cristiano del sapere proibito, causa del peccato originale. La presenza di personaggi quali l'angelo buono, che spinge Faust a pentirsi, e di quello cattivo, che lo incita al peccato, è un retaggio delle morality plays medievali (forme di drammatizzazione a carattere didattico e religioso, in lingua volgare, che nacquero in Inghilterra a partire dalla fine del Quattrocento. I temi trattati riguardano l'idea della morte, della solitudine, della caducità delle cose terrene, la lotta tra il bene e il male per il possesso dell'anima dell'uomo).


1 – TRAGEDIA CRISTIANA

È un dramma religioso, in cui Faust – il cui peccato capitale non è la ribellione a Dio quanto un’incapacità di pentirsi, la sfiducia nella misericordia divina – viene infine giudicato una nobile anima ingannata e corrotta dal diavolo

2 – SUPERONISMO E RIBELLIONE RINASCIMENTALE

L’eccesso e la dismisura sono i moventi che spingono l’individuo a passare dalla zona non-tragica della «via di mezzo» nella sfera della tragedia

3 – L’UOMO NUOVO

Per parte della critica, Faust rappresenta una parodia del modello cristiano. È un nuovo modello di uomo: pagano, amorale, assetato di conoscenza, possesso, benessere e gioia, una conseguenza «naturale» agli anni bui del medioevo. E’ una ribellione ai secoli precedenti.


ALCUNI PASSAGGI CHIAVE


1. FAUST: «Il mio cervello non fa che pensare al potere di un mago. La filosofia è odiosa e oscura, la medicina e la legge sono per menti meschine, la teologia è ancora più bassa delle altre, sgradevole, aspra, ripugnante, vile. È la magia, la magia che m’ha innamorato.»

2.MEFISTOFELE: «il modo più spiccio di fare il mago è rinnegare la trinità con coraggio e pregare il demonio con devozione.»

FAUST: «Ma io l’ho fatto ed ora credo in questo: non c’è altro dio fuori di Belzebub, a lui dedico me stesso. Quella parola dannata non mi fa paura, non distinguo l’inferno dall’eliso.»

3.FAUST: «Il mio cuore è indurito, non so pentirmi. Appena dico salvezza, fede, cielo, sento qui echi terribili: Faust sei dannato! Perché morire allora o disperare come un vile? Ho deciso, Faust non si pentirà.»

4.FINALE: allo scadere della mezzanotte, 24 anni dopo aver firmato il patto, Faust viene fatto a pezzi dai diavoli e la sua anima va all’inferno:

MEFISTOFELE: «Lo riconosco, Faust, e me ne rallegro. Sono stato io a fermarti quando eri sulla via giusta, quando prendesti il libro per meditare sulle Scritture, io voltai le pagine e guidai i tuoi occhi. Che fai, piangi? Troppo tardi. Addio, dispera, piangono all’inferno i pazzi che ridono sulla terra.»

FAUST: «Felici le bestie che morendo cedono l’anima agli elementi, ma la mia vivrà torturata in eterno. Maledetti i genitori che mi fecero! No, Faust, maledici te stesso, maledici Lucifero che ti ha privato del cielo.»


JOOST VAN DEN VONDEL - LUCIFER (1664)


Nato nel 1587 a Colonia da genitori fiamminghi di Anversa, si trasferisce ad Amsterdam da bambino, e vi rimane fino alla morte nel 1679.

È considerato il più grande poeta in lingua nederlandese, come Dante lo è per l’Italia e Shakespeare per l’Inghilterra. Per la sua cultura biblica, classica, per la sua certezza religiosa e per la sua visionarietà, Vondel è certamente più accostabile a Dante che a Shakespeare.

Il periodo storico è quello del Gouden Eeuw, il secolo d’oro olandese.


In Lucifero saltano tutti i parametri classicisti:

LUOGO: è uno ma si tratta del cielo, il quale non è propriamente un luogo

AZIONE: quasi la metà dell’ultimo atto riferisce di avvenimenti successivi alla caduta di Lucifero. Nel V atto Vondel ha voluto tracciare tutta la storia della creazione umana

TEMPO: il concetto di tempo è totalmente stravolto


Hettoneelis in denHemel

Een eeuw beneden is om hoogh een oogenblick


METRICA: Vondel utilizza l’alessandrino giambico (doppio esasillabo), il verso proprio della tradizione nederlandese


VERSIONI E TRADUZIONI:


1960 – Edizioni Paoline. È una traduzione da evitare, che attenua molte espressioni dell’originali, e salta addirittura decine di versi, come ad esempio:

Allora iniziò lo sposalizio, con un gesto d’accoglienza,

Un fuoco d’amore, che non si comunica, ma che si indovina;

Una più alta beatitudine, che gli Angeli ancora non hanno.

[…]

Ma tutto ciò che Eva ha, soddisfa l’esigenza dello sposo:

La morbidezza delle membra, una pelle ed una carne più dolci,

Un colore più amabile, l’incanto degli occhi,

Una bocca graziosa, una pronuncia il cui potere

Sta in ogni suono; due sorgenti d’avorio,

E ciò che è meglio tacere, prima che seduca uno Spirito


La traduzione cattolica ha fortemente ridotto o nascosto la concretezza sensuale della descrizione vondeliana, la cui forza e grandezza è invece proprio questa: saper rappresentare e riproporre nei suoi verso il mondo.

1996 – Edizioni Ariele – versione integrale, utilizzata per questo saggio


ALCUNI PASSAGGI CHIAVE


I atto - APOLLION, di ritorno dall’Eden, descrive a Belzebù ciò che vi ha veduto:


Nessuna creatura quassù è piaciuta tanto ai miei occhi

Come quei due laggiù. Chi potrebbe unire così ingegnosamente

Il corpo e l’anima, e creare Angeli che sono doppi

Dall’argilla, e da un osso? Il corpo, bello di forma,

Testimonia dell’arte del Creatore, che più brilla nello sguardo,

Specchio dell’anima. Quale parte poteva stupirmi?

Io vidi l’immagine dell’anima soffiata nel viso.


[…]


L’anima invisibile è fatta di spirito, e non di materia.

Essa è tutta in ogni parte. La mente le procura una dimora.

Essa vive nell’eternità, e non teme né ruggine, né danno.

Essa è inafferrabile. Prudenza, e conoscenza,

E virtù, e libero arbitrio essa possiede in proprietà

Di fronte alla sua maestà stanno tutti gli Spiriti muti.

Il vasto mondo brlucherà tra breve di uomini.

Esso si aspetta, da un piccolo seme, una ricca messe di anime;

E per questo Dio ha dato allo sposo la sua sposa


BELZEBÙ: Cosa pensi della sua costola, e cara consorte?


A: Mi sono coperto il viso e gli occhi con le ali,

Per imbrigliare i miei pensieri e le mie inclinazioni.


[…]


B: Sembra che tu arda d’amore per l’animale femmina

A: Le mie penne che battono l’aria, a quel gradevole fuoco

Ho bruciacchiato. Mi fu gravoso risalire da sotto,

Vogare, per toccare la cima della città degli Angeli.

Mi distaccai, pur con pena, e mi girai tre volte a guardare.


III atto – LUCIFERO accetta l’incarico contro la propria volontà


LUCIFERO: Questo va contro il nostro giuramento, ed il divieto di Gabriele

LUCIFERISTI: Quello va contro Dio, e pone gli Uomini sopra Dio

[…]

LUCIFERO: Mi rassegno dunque a rispondere alla violenza con la violenza

[…]

Principe Belzebù, testimonia, e voi, chiarissimi Signori,

Apollion, testimonia, testimonia, Principe Belial,

Che io, sotto la necessità ed il peso, accetterò questo incarico,

A sostegno del Regno di Dio, per stornare la nostra disgrazia.


IV atto – RAFFAELE offre il perdono a LUCIFERO


RAFFAELE: E’ gran tempo, gran tempo che cessi questa folle spedizione

[…] Ti assicuro la grazia,

E mi do, come intermediario, lassù in pegno per te

[…] Ricevi questo ramo di pace: ti offro la libera pace di Dio

[…]

LUCIFERO: Qui non serve alcun cedimento: no, sono salito troppo in alto


V atto - La battaglia è già terminata. Uriele la racconta a Raffaele. Descrivendo l’attimo della caduta di Lucifero:


URIELE: Così pure la sua bellezza, nel precipitare, nella caduta,

Si muta in una deformità, fin troppo laida;

Quel chiaro viso in un feroce muso;

I denti in zanne, affilate per mordere l’acciaio;

I piedi e la mano in quattro diversi artigli;

Quella scintillante madreperla in una pelle nera.

La schiena, piena di peli, dispiega due ali di drago.

In breve, l’Arcangelo che or ora tutti gli Angeli celebravano,

Cambia la sua forma e mescola sette animali

Orribilmente in uno, nell’aspetto esteriore:

[segue la descrizione delle sette bestie]


La tragedia termina con la caduta di Adamo per mano di Lucifero, assetato di vendetta. Dialogo tra Gabriele e Michele


GABRIELE: Sventura, sventura su di noi, come è cambiata la fortuna!

Cosa si festeggia qui? Ora invano abbiamo trionfato […]

MICHELE: Cosa sento, Gabriele?

GABRIELE: Oh, Adamo è caduto;

Il padre ed il tronco della razza umana

Troppo misero, troppo triste, di già è stato portato a cadere. Egli giace.

MICHELE: […] L’arrogante Capo ha dunque attaccato anche il regno terrestre?


CORO FINALE INVOCA LA VENUTA DEL MESSIA


Redentore, che la testa del Serpente schiaccerai,

L’Umanità decaduta dalla colpa ereditaria di Adamo

Redimerai un giorno, ed a suo tempo di nuovo,

Per i rampolli di Eva, aprirai quassù un paradiso più bello;

Noi contiamo i secoli e l’anno, il giorno, sì, e l’ora,

In cui apparirà la tua grazia; la Natura languente

Ristabilirà, magnificherà, nei corpi, e nelle anime:

Che adornino il trono, da cui gli Angeli caddero.


JOHN MILTON: Paradise Lost (1667)


Cheapside (Londra) 9 dicembre 1608

Famiglia: Padre notaio che era stato diseredato per aver abbracciato il protestantesimo; madre persona semplice e devota.

Studia lettere classiche e lingua ebraica e, sostenuto dal padre, anche il francese e l’italiano, scoprendo una grande ammirazione per Dante e Petrarca.

Rinuncia alla carriera ecclesiastica (ha in odio il clero anglicano) e si dedica allo studio e alla poesia. È un convinto repubblicano e antimonarchico

1638, dopo la morte della madre, viaggia in Francia e in Italia, fermandosi in particolare a Firenze

Nei suoi scritti affronta spesso temi politici e religiosi.


Come Marlowe e Vondel, Milton affronta un tema che è alla base e abbraccia tutta l’esperienza umana: la perdita dell’Eden e la consapevolezza delle possibilità perdute di felicità. E’ prima di tutto il dramma del dubbio, e lo possiamo constatare partendo dalla fine dell’opera, quando Abramo, udendo l’Arcangelo Michele promettere un tempo in cui


[…] la terra sarà tutto un paradiso

Più felice assai di questo Eden […]

risponde con un grido di «felix culpa», di colpa lieta:


[…] Così resto nel dubbio, se pentirmi

Del peccato commesso e provocato, oppure rallegrarmi

Che un bene ancora maggiore ne sorga […]

Prima della definitiva partenza dall’Eden, mano nella mano ad Eva


The world was all before them, where to choose

Their place to rest, and Providence their guide:

They hand in hand, with wand’ring steps and slow,

Through Eden took their solitary way


Paradiso Perduto è un poema epico sulla morte, sul piacere e sui suoi ostacoli. Non è assolutamente un’opera teologica, ma una complessa operazione di sintesi e riferimenti culturali accumulati nella mente umana nei secoli precedenti. Mescola aspetti biblici con classici, medievali, dell’umanesimo e del rinascimento.

Gioia e Dolore e il loro alternarsi sono il tema fondamentale di tutta l’opera. Perduto il Paradiso, Adamo si ritrova a vivere nella contrapposizione, o meglio in un passaggio fra:


Gioia - Dolore

Luce - Oscurità

Natura - Caos

Amore - Pura Carnalità


Nel I libro, lo stesso Milton ci informa che la sua opera ci racconterà della caduta dell’Uomo, e non di Satana (già caduto), il quale si trova già all’Inferno, un Inferno che però non si trova ancora «al centro della terra» - non essendo quest’ultima ancora stata creata – ma in un luogo di totale oscurità chiamato Caos.

Qui giace in un lago di fuoco, e a poco a poco si riprende insieme agli altri angeli caduti. Insieme si danno appuntamento al Pandemonium – il palazzo di Satana – per discutere della speranza di riconquistare il cielo e per avanzare un progetto di conquista del nuovo mondo, di cui si andava parlando in cielo.


QUALE PARADISO?

Nella Versione Autorizzata della Bibbia – o «Bibbia di Re Giacomo», versione ufficiale in inglese della Bibbia riconosciuta dalla Chiesa Anglicana e pubblicata per volere di Re Giacomo I nel 1611- si dice che

«Il Signore Iddio creò un giardino;

prese l’uomo e lo pose nel giardino per adornarlo e coltivarlo»

Mentre nei testi latini si parla esplicitamente di «un paradiso di piacere». Il Paradiso che ci viene presentato da Milton è quello della versione latina (e del precursore Vondel), dove l’umanità senza alcun senso di colpa si trova

«ad ogni piacere di umani sensi esposta»

Fornendo un’interpretazione quasi dionisiaca della sessualità, ci offre un Adamo e un’Eva incredibilmente privilegiati in fatto di gratificazione dei sensi, ammettendo direttamente o indirettamente un tutt’uno tra forma e contenuto, tra anima e corpo. Ricordo a questo proposito lo stesso «Cantico dei Cantici», poema contenuto nella «Bibbia Ebraica» e unico libro della Bibbia che tratta esclusivamente l’amore condiviso tra lo sposo e la sua sposa. Il «Cantico» usa un linguaggio che riflette la gioia dell’amore matrimoniale:

«Tenace come gli inferi è la passione:

le sue vampe son vampe di fuoco,

una fiamma del Signore!

Le grandi acque non possono spegnere l'amore

né i fiumi travolgerlo.»


ADAMO VS SATANA


Satana, dopo essere stato cacciato dal Paradiso, tenta Adamo ed Eva, che cedono.

In seguito al loro pentimento, Michele – allontanandoli dall’Eden – consente loro di guardare al futuro della razza umana, e li conforta con l’ipotesi dell’avvento di un Messia (si ricordi il Coro conclusivo nel Lucifer di Vondel).

Il vero protagonista di Paradise Lost però non è Adamo, ma Satana, visto come un eroe ribelle che va fiero e deciso contro il potere assoluto di Dio.

E’ una visione che può essere letta anche in chiave autobiografica e allegorica: il potere assoluto di Dio è visto da Milton come il Despotismo assoluto della monarchia Inglese.

Il momento chiave di tutta l’opera è il «Discorso di Satana» successivo alla sua caduta nel Caos


Dopo 3 giorni di battaglia, 3 giorni di caduta, e 3 giorni nel «Caos», il nuovo regno fatto di ghiaccio, tenebra e fuoco, Satana sta esaminando la sua nuova dimora cercando di diventare consapevole della nuova situazione dopo la sua caduta. Satana e gli Angeli Ribelli erano caduti “Nine times the Space that measures Day and Night” prima di atterrare all'inferno. Satana paragona il nuovo mondo al Paradiso e si sente perso perché qui tutto è diverso: “the region, the soil, the clime“; c’è solo una “mournfulgloom” dappertutto, invece della “celestial light” del Paradiso.


All'inizio non è contento di esserci, ma presto rifiuta la disperazione e accetta la nuova situazione: “Be it so…. Farewell happy fields where joy for everdwells: hail horrors, hailinfernal world”. Nelle righe che seguono Satana mostra tutta la sua ambizione, tutta la sua sicurezza e determinazione. Si rende conto che ora è il "nuovo possessore" di un posto dove “ farthest from him (God)…. atleastweshall be free….and….may reign secure”. La sua ambizione è di avere un regno da qualche parte, non importa se quel posto è cupo e orribile.


È grande nella sicurezza di sé delle sue forze: ha “a mind not to be changed by place or time”, una mente che “can make a Heaven of Hell, and a Hell of Heaven”.


Allora l'inferno e il paradiso sono solo stati d'animo. L'inferno di Milton non è un posto reale! L'inferno è nella mente perché la mente può cambiare il mondo esterno: se viviamo in un paradiso ma la nostra mente lo percepisce come un inferno, quel posto sarà infernale e viceversa.


Satana è il vero eroe di Paradise Lost; mostra tutte le caratteristiche che Milton ammirava: coraggio, orgoglio, potere oratorio, fiducia in se stesso, ambizione e così via. È grande nella sicurezza di sé e della sua forza e nel disprezzo per il dolore che gli è stato inflitto. Egli incarna anche gli ideali puritani di indipendenza e libertà di Milton, dal momento che è visto come un ribelle che lotta contro il potere assoluto di un Dio tirannico, proprio come Milton, difensore delle libertà, lotta la sua battaglia contro un re dispotico. Per dirla alla Blake “Milton is on the Devil’s party withoutknowing” : Milton è dalla parte del Diavolo senza saperlo.



RENé ALAIN LE SAGE: Le Diable Boiteux (1707)


1668-1747 - Nasce in Bretagna in una famiglia borghese. Perde molto presto entrambi i genitori, e uno zio lo iscrive al collegio dei Gesuiti, dive apprende le lingue classiche oltre all’italiano e allo spagnolo.

Diviene avvocato a Parigi, ma si guadagnerà da vivere esclusivamente con la letteratura.


È uno dei primi esempi di scrittore indipendente, non sostenuto da personale agiatezza ma dall’amicizia e da una piccola rendita garantitagli dell'abate de Lyonne che stimolò in lui anche l'interesse per la lingua e per le opere della grande letteratura spagnola del Seicento.


IL DIAVOLO ZOPPO - TEMI E CURIOSITA'


È proprio imitando un romanzo spagnolo - El diablo cojuelo di Luis Vélez de Guevara - che nel 1707 Lesage raggiunge il successo. Il suo Le Diableboiteux (Il diavolo zoppo), racconta le avventure di un giovane studente Madridista - don Cleofès Pérez Zambullo - trasportato dal diavolo Asmodèo sui tetti della capitale spagnola.


Inseguito dalla sua innamorata Tomasa, e dei fratelli di lei desiderosi di punirlo per il disonore arrecato alla sorella, Zambullo passando di tetto in tetto entra da una finestra e si ritrova in una soffitta polverosa. Non una soffitta qualsiasi, ma il laboratorio di un mago, scienziato, alchimista, negromante (un novello Faust?)….


Dall’interno di un’ampolla, una vocina lo chiama e lo prega di liberarlo dall’incantesimo, evidente richiamo all’Homunculus del Faust e al Faust stesso, studioso (in questo caso, studente) che si abbandona alla magia nera. Una volta siglato il patto, Zambullo libera lo spiritello dalla propria gabbia e hanno inizio le avventure descritte nel romanzo.


Da subito, i contemporanei di Lesage si divertirono nel ricercare tra le varie vicende allusioni personali trasponendo personaggi e situazioni di Francia al quadro spagnolo tracciato nel racconto. Effettivamente, Il Diavolo Zoppo presenta sì una cornice spagnola, ma lo sfondo dell’opera è prettamente francese, e vi si respira un’aria parigina.


La grande invenzione di Lesage sta nel far si che il proprio «Diavolo», scoperchiando le case, conceda al compagno di avventure la possibilità di conoscere nel proprio intimo il genere umano e le bassezze di cui è capace. Il tetto rappresenta qui il confine tra l’essere (all’interno delle abitazioni) e l’apparire (in società). La rappresentazione delle scene di vita quotidiana domestica avviene però sempre in modo comico e satirico.


La struttura narrativa è simile a quella teatrale, con quadri che si succedono senza un nesso che li leghi, accontentandosi Lesage di abbandonarsi al gusto della avventura realistica e spiritosa, della critica fine e allegra, del ritratto piccante e leggero.


Prima di passare all’analisi di alcuni momenti chiave dell’opera, è interessante notare il perché il diavolo protagonista del racconto sia «zoppo».


Subito dopo essersi liberato dall’ampolla, Asmodèo si trasforma in diavolo e si rivolge subito ironicamente al proprio benefattore:


CAPITOLO 2


Asmodèo: Eccovi l’affascinante dio degli amori, il sovrano signore dei cuori. Che ve ne pare del mio aspetto e della mia bellezza?


Zambulo: Non mi sorprende che siate bruttino; perdonate, di grazia, l’espressione; i nostri futuri rapporti esigono la franchezza. I vostri lineamenti si accordano appieno con l’idea che avevo di voi. Ma ditemi, perché siete zoppo?


A: Tempo addietro ebbi, in Francia, un alterco con Pillardoc, il diavolo dell’interessa; si trattava di sapere chi di noi avrebbe posseduto un giovanotto di Le Mans, che veniva a Parigi in cerca di fortuna, e poiché era un soggetto eccellente, un ragazzo di grandi qualità, ce ne disputammo accanitamente il possesso. Ci battemmo a mezz’aria; Pillardoc fu il più forte e mi scaraventò sulla terra […]. Tuttavia, per quanto storpio, sgambetto allegramente e sarete testimone della mia agilità


Troviamo qui un’analogia con Il Maestro e Margherita di Bulgakov, con la scena in cui Margherita massaggia il ginocchio a Woland-Satana, cercando di alleviargli il dolore provocatogli da uno scontro avuto secoli addietro con una strega.


IN VOLO SUI TETTI DI MADRID


Durante la notte, Asmodèo e Zambullo percorrono in volo Madrid e, scoperchiando tetti di abitazioni ed edifici, parlano della società, dei costumi del tempo, e di temi ancora attuali. «Osservare questo confuso spettacolo certo vi diverte, ma non è che un frivolo passatempo; devo rendervelo utile e, per farvi conoscere a fondo la vita umana, voglio spiegarvi quali son le occupazioni di tutta la gente che vedete. Vi svelerò i moventi delle loro azioni e perfino i loro pensieri più segreti»


CAPITOLO 3: Un borghese avaro conta i propri denari. Nella stanza accanto, figli e nipoti consultano una fattucchiera per sapere quando morirà e potranno godere dell’eredità; seguono altri personaggi.

CAPITOLO 4-5: Amore tra persone di classe sociale differente.

CAPITOLO 6: Asmodèo vendica Zambullo e punisce Tomasa e i suoi fratelli.

CAPITOLO 7-8: Visita alla prigione. «I poeti misero un solo cerbero alla soglia dei loro inferni; qui come vedete, ce ne sono ben di più» e racconta le vicende di alcuni prigionieri, alcuni dei quali innocenti incarcerati ingiustamente


CAPITOLO 9-10: Il manicomio. Asmodèo passa in rassegna le varie celle, e racconta che cosa ha condotto i diversi personaggi alla pazzia: gelosia, crudeltà, ingratitudine, perdita del patrimonio, tradimento, delusioni d’amore, rifugio dalla realtà:


Ardo e piango senza posa

E ardo così tanto

Che né il pianto spegne il fuoco,

Né il fuoco consuma il pianto


CAPITOLO 11: Si racconta di lealtà e amicizia, così come avverrà nel capitolo 13 e nel capitolo 15


CAPITOLO 12: «Prima di continuare ad esaminar i vivi, turbiamo per brevi istanti il riposo dei morti in questa chiesa. Percorriamo tutti i sepolcri, vediamo quel che racchiudono e perché furono innalzati». Una piccola Spoon River franco-spagnola in prosa, 200 anni prima del capolavoro di Edgar Lee Masters


CAPITOLO 14: «Signor Asmodèo, […] non so resistere alla curiosità di sapere quello che accade laggiù. Guardate: in una camera vedo due uomini in camicia che si afferrano per il collo, mentre altri uomini in veste da camera si affannano a separarlo. Che succede?»



«Quelli che si azzuffano in camicia da notte sono due autori francesi, quelli che li separano sono due tedeschi, un fiammingo e un italiano. Alloggiano tutti nella medesima pensione, dove abitano solamente forestieri. Uno dei due scrive tragedie e l’altro commedie. Il primo venne in Spagna per qualche noia ch’ebbe a subire in Francia e l’altro, scontento del suo stato a Parigi, fece lo stesso viaggio sperando di trovar miglior fortuna a Madrid.»


Nei capitoli successivi, probabilmente di minor valore da un punto di vista letterario, il Diavolo Zoppo presenta al compagno di viaggio temi e situazioni legati al desiderio, ai sogni, alla ricchezza, perfino alla schiavitù.


Nel CAPITOLO 16 e nell’ultimo, il 20, in diverse occasioni si affrontano temi legati alla donna, alla amicizia fra donne e all’amore.


«Le donne non si amano. Supponiamo che due siano perfettamente unite, supponiamo che giungano persino a non sparlare mai una dell’altra quando sono lontane: voi le frequentate entrambe e, se mostrate inclinazione per una di esse, potete esser certo che l’ira si impossesserà dell’altra. Non già perché questa vi ami, no, vuole semplicemente essere la preferita. Tale è l’indole delle donne; sono troppo invidiose per essere capaci di amicizia.»


Al risveglio dopo un lungo sonno, Zambullo si accorge che il Diavolo Zoppo è svanito, ma che le avventure vissute insieme sono realmente accadute quella notte. E alla fine saranno amicizia, lealtà e amore sincero a trionfare.


JOHAN WOLFGANG VON GOETHE: Faust (1832)


Johann Wolfgang Goethe nacque il 28 agosto 1749 a Francoforte in una famiglia dell'alta borghesia. Studiò legge a Lipsia e a Strasburgo dove entrò in contatto con il movimento letterario dello "Sturm und Drang" di cui divenne almeno inizialmente uno dei protagonisti.

Chiamato a corte dal granduca Karl August – che gli conferì il titolo «VON» nel nome - , dal 1775 passò tutto il resto della sua lunga vita a Weimar come consigliere e anche ministro. La sua vita e la sua attività di letterato può essere riassunta e rappresentata in due periodi:


STURM UND DRANG

1770-1785 circa

Nella prima fase, le sue opere sono cariche di sentimenti, spiritualità. Egli stesso le definisce «Frammenti di una confessione»

Scrive il romanzo «I dolori del giovane Werther» e, tra le altre cose, l’ode «Prometeus», nella quale l’uomo viene posto di fronte ai propri limiti. Il protagonista sfida gli Dei, ruba loro il fuoco sacro e per questo avrà una fine orribile: un’aquila gli divorerà il fegato per l’eternità (punizione infermale)


KLASSIK (Classicismo)

Periodo che anticipa il Romanticismo

A Weimar fa amicizia con Charlotte von Stein e soprattutto con Schiller.

Nasce in Goethe una nuova prospettiva artistica. Inizia a scrivere Drammi («Ifigenia in Tauride», «Torquato Tasso» ecc) e nel 1786 si reca in Italia, in un viaggio interiore di due anni – «Die Italienische Reise» - che cambierà profondamente la sua produzione che lo condurrà alla Classicità Greca


3 FAUST in 1


«Il Faust è qualcosa di incommensurabile, e i tentativi di analizzarlo sono vani», scrive lo stesso Goethe in una lettera al proprio segretario. Sono oltre 1200 versi, scritti con metrica e stile diverso. Parla di filosofia, scienza, religione, psicologia: non vi è attività umana che non trovi rappresentazione. È una «tragedia della conoscenza», della consapevolezza dei propri limiti ( = Adamo, Lucifero, Icaro, il Faust di Marlowe ecc.), e antesignano dell’ÜBERMENSCH di Nietzsche. Come in Marlowe, il personaggio Faust è la sintesi tra le vicende di un fantomatico negromante-truffatore, realmente vissuto alla fine del medioevo, e una serie di leggende medievali sul «patto con il diavolo». A differenza di Marlowe però, Goethe salva il suo Faust dalla dannazione eterna, e vedremo il perché!

Goethe inizia a scrivere Faust nel 1768, a 19 anni, e vi si dedica fino alla morte, nel 1832. Sessant’anni di scritture e riscritture in diversi momenti e periodi della sua esistenza, che portano alla definizione di tre versioni:




Faust Teil 1


Dopo la «Dedica», e il «Prologo in Teatro», nel «Prologo in Cielo» abbiamo: Raffaele, Gabriele e Michele (i tre Arcangeli) con Mefistofele e Dio. Vediamo il dialogo tra questi due, che giungono a scommettere:

Dio: «Vieni solo e sempre a lamentarti? Non c’è mai nulla sulla Terra che ti vada?»

Mefistofele: «No, Signore: come sempre, va malissimo, laggiù. Mi fanno pena gli uomini, con tutti i loro guai. Non ci trovo più gusto, disgraziati, a tormentarli»

Dio: «Conosci Faust?» […]

M: «La serve davvero in un modo assai strano. Lui non si nutre, lo stolto, di cibo terrestre. La mente in tumulto lo mena lontano, di sua follia conscio a metà.

Dal cielo pretende le stelle più belle e dalla terra i piaceri supremi, né cose vicine né cose lontane sanno calmare quel suo animo convulso. […] Che cosa scommettiamo? Lei perderà anche quello, se mi darà licenza di portarlo pian piano lungo la mia strada.

D: E sia. Fa’ come vuoi. Quella mente, distoglila dalla sua fonte prima e, se ti riesce di prenderlo, volgilo giù con te per la tua via.


Nel frattempo, sulla terra Faust è insoddisfatto, depresso:

«E le ho studiate, ah! Filosofia, Giurisprudenza e medicina - e anche, purtroppo, teologia – da capo a fondo, con tutto l’ardore. Povero pazzo: e ora eccomi qui che ne so quanto prima. Dicono: «professore». Persino «maestro», dicono; e sono già quasi dieci anni che – su e giù, dritto e traverso – gli studenti li meno per il naso…

E mi è chiaro che nulla possiamo conoscere! È qualcosa che quasi mi brucia il cuore. Certo io ne so più di tutti quei saccenti, maestri, professori, chierici e segretari. Non mi tormentano dubbi né scrupoli, non ho paura d’inferno o di diavoli: ma in cambio non ho più piacere di nulla, non ho idea di sapere qualcosa che abbia un senso, non ho idea di poter insegnare qualcosa per migliorarli, gli uomini, o mutarli. E non ho beni né ricchezze, non onori e splendori mondani. Neanche un cane potrebbe resistere così! Ecco perché mi sono dato alla magia […]»

Invoca lo Spirito della Terra, che lo deride. Faust allora decide di suicidarsi bevendo del veleno, ma mentre sta per farlo, sente le campane di Pasqua. Rinuncia all’intento e insieme al suo allievo Wagner esce a passeggiare lungo le strade del paesello, nella serata di festa.


Incontra un cane nero, che gli si avvicina, lo segue e si trasformerà in colui che realmente è: Mefistofele. Questi lo accompagna da una strega, che prepara per loro un filtro magico:

M : «E ora tira giù, coraggio! Dai! Ti sentirai subito allegro. Che? Te ne stai a tu per tu col diavolo e ti spaventi di una fiamma?»

Tornano per strada, dove Faust vede Margherita «Gretchen» per la seconda volta

F: «Signorina bella, mi permettete di offrirle il braccio e accompagnarla?»

Margherita: «Non sono né signorina né bella. A casa so andarci da sola»

Alla scommessa tra Dio e Mefistofele, segue ora il patto tra lui e Faust:

F: «Senti, devi farmi avere quella ragazza […] se quel dolcissimo giovane corpo non mi dorme stanotte fra le braccia, a mezzanotte, noi due, separati.

Nelle scene seguenti, Margherita «Gretchen» dimostrerà tutta la propria innocenza, ingenuità e tragicità, macchiandosi in poco tempo di 4 colpe (episodio di cronaca risalente alla fine del medioevo):

-Avvelena la propria madre

-È involontariamente complice dell’assassinio del fratello Valentino, proprio per mano di Faust

-È incinta di Faust

-Uccide il proprio figlioletto annegandolo in uno stagno


Goethe/Faust però la salva, proprio in nome di quell’ingenuità e trasparenza che ancora oggi, in tedesco, si utilizza quando, per riferirsi a domande molto esplicite, dirette, ingenue, si parla di «Gretchenfrage(n)». Dopo la «Notte di Valpurga» (festa propiziatoria pagana tra il 30 aprile e il 1 maggio) e il «Sogno della notte di Valpurga» – chiaro omaggio a Shakespeare, abbiamo un acceso dialogo fra Faust e Mefistofele…

F: «Salvala! O guai a te! La maledizione più atroce su di te, per millenni!»

M: «Chi è stato a precipitarla nella perdizione? Tu o io?»

F: «Portami da lei! Bisogna liberarla!»

M: «A che rischio ti esponi?»

F: «Anche questo devo sentire da te? Tutto un mondo di strage e di morte su di te, mostro! Portami là, ti dico, e liberala».

…e la liberazione di Gretchen dal carcere in cui era stata rinchiusa. L’opera termina con Faust e Gretchen che «spariscono insieme»


Faust Teil 2


Tragedia in cinque atti in pieno stile classico, con il III atto momento saliente di tutta la narrazione: Faust incontra Elena di Troia, che «sostituisce» Gretchen nell’ideale amoroso definendo il passaggio dallo «Sturm und Drang» al «Classicismo». Anche la seconda «Notte di Valpurga», ambienta in Grecia, viene chiamata «Notte di Valpurga classica»

Assistiamo alla palingenesi di Elena, che da spirito, ombra, entità, diventa un essere umano e concepisce con Faust il figlio Euforione.

Sarà proprio alla morte del figlio in battaglia che Elena svanirà nuovamente

Euforione: «Un paio d’ali, sì, si sta schiudendo! Laggiù! Io lo devo! Io lo devo! Lasciatemi volare!»

Si slancia in aria, le vesti per un attimo lo sostengono, il capo gli risplende, lo segue una striscia di luce

Coro: «Icaro! Icaro! Dolore tremendo!»

Un giovane bello si abbatte ai piedi dei genitori. Nel morto si crede scorgere una figura conosciuta, ma spare subito la parte corporea di lui; l’aureola, come una cometa, si leva nel cielo. Rimangono a terra vesti, mantello e lira.

Elena e Faust: «La gioia. E subito dopo-lo strazio»

Voce di Euforione: «Nel regno buio non lasciarmi solo, madre!»

Elena: […] «Un detto antico si avvera purtroppo anche in me: che non durevolmente gioia e bellezza si uniscono. Si è spezzato il legame della vita come quello dell’amore. Piango sull’uno e sull’altro, dico un addio doloroso ed una volta ancora mi do fra le tue braccia…

Persefone, accogli mio figlio! Persefone, accoglimi!»

Abbraccia Faust. La sua forma corporea svanisce, rimangono a lui sulle braccia la veste e il velo.


Faust comprende di aver superato ogni limite morale per sete di conoscenza, ed esprime una lunga riflessione

Faust: «Non ho fatto che correre, io, attraverso il mondo. Ogni piacere l’ho afferrato al volo. Non mi bastava? E se ne andasse! Non l’ottenevo? E si perdesse! Ho avuto solo desideri e solo desideri saziati e nuove voglie; e di forza, così ho attraversato d’impeto la vita. Alta e potente dapprima; ora va savia, ora va attenta. La conosco abbastanza, questa terra. Sull’al di là ci è impedita la vista. Pazzo chi volge lo sguardo scrutando lassù e sopra le nuvole finge suoi simili! L’uomo si tenga saldo qui e si guardi intorno: non è muto questo mondo a chi sa e opera. Che bisogno di vagare per l’eterno! Quel che egli intende si lascia afferrare. Così cammini l’uomo quanto è lungo il suo giorno. Tiri per la sua strada, se fantasmi spaventano. Andando avanti avrà gioia e tormento, lui che nessun attimo appaga!»

Quindi muore, Mefistofele è certo di avere in pugno la sua anima, pur avvertendo un «pericolo» imminente

Mefistofele: «Va giù. Tutto è compiuto. […] Tradizione, antichi diritti, non ci si può più fidare di nulla! Una volta, quella [l’anima] usciva con l’ultimo respiro. Io l’aspettavo al varco; e come il più svelto dei topi zac! Stretta forte tra gli artigli. Ora indugia; e quel buio abitacolo, la casa immonda del turpe cadavere, non vuole lasciarla. Gli elementi, che s’odiano fra loro, ignominiosamente la cacciano fuori, alla fine. Mi tormento per giorni e ore. Eppure: Quando? Come? Dove? Questo è il penoso problema. […]Voi, diavoli di vecchio taglio e ceppo, portatevi dietro la gola d’Inferno. […] Su, cialtroni ventruti, gote cremisi! Qui spiate se qualcosa come fosforo riluce: è animuccia, psiche con le ali. Spennatela, ne resta un verme abbietto. La marchierò col mio sigillo e poi via, subito, nei turbini di fuoco!»

Discende però dal cielo una coorte celeste, in una pioggia di petali di rose.

I demoni fuggono all’inferno,

M: «Idioti maledetti! A capofitto i satanassi! Rotolano e rinculano, quei goffi; piombano nell’inferno. Buon pro vi faccia, quel bagno di fuoco, ma io resto al mio posto.»


Mefistofele è sconfitto. Gli angeli salvano Faust e conducono la sua anima in cielo

Angeli Novizi: «Quelle rose, dalle mani di sante amorose penitenti ci hanno aiutate alla vittoria, a compire l’alta impresa, a conquistare quest’anima rara. Le abbiamo sparse; e indietro i Maligni. Li abbiamo colpiti; e in fuga i Demoni. Non più le usate pene d’inferno hanno provato gli spiriti; ma tormenti d’amore. Un acuto dolore trafisse anche il vecchio maestro Satana…Esultate! Abbiamo vinto.»

L’amore vince su tutto. L’amore per se stesso, il desiderio di migliorarsi non può essere il motivo di una condanna eterna. E’ questo, al di là delle proprie colpe, il motivo per chi Faust è salvo, e a salvarlo è la Mater Gloriosa, alla quale Faust fa ritorno:

Beati Infanti: «Costui ora crisalide accogliamo felici […]»

Mater Gloriosa: «Vieni, sollevati a sfere più alte! […]»

Doctor Marianus: «Allo sguardo che vi salva rivolgete il vostro sguardo, o pentite anime miti, per mutarvi in gratitudine nel destino dei beati. A servirti ti si offra più alto ogni spirito! Vergine, Madre, Regina, Dea, resta benigna!»

Coro Mistico: «Ogni cosa che passa è solo una figura. Quello che è inattingibile qui diviene evidenza. Quello che è indicibile qui si è adempiuto. L’eterno Elemento Femminile ci trae verso l’alto»

FINIS


Michail Bulgakov: Il Maestro e Margherita (anni ‘30 – pubbl. 1966)


Michail Afanas'evic Bulgakov, nato a Kiev nel 1891, si laurea in medicina nel 1916. Nel 1920 abbandona definitivamente la carriera medica. Ha ottenuto grande successo con il romanzo La guardia bianca del 1924, adattato per il teatro. Dal 1929 al 1940 lavora alla sua opera più nota: Il maestro e Margherita, pubblicata postuma nel 1966, e scrive alcune commedie, lavori di critica letteraria, romanzi oltre ad alcune traduzioni. Tuttavia la maggior parte delle sue opere è rimasta per molti decenni inedita. Muore a Mosca nel 1940, a soli 49 anni


«Michail Afanas’evic Bulgakov?».

«Sì, sono io».

«Le passo il compagno Stalin».


In una Russia dove fermenta il comunismo più gretto e scompare la libertà di opinione, artisticamente in balia di una censura pressante, vive e scrive Michail Bulgakov. Egli intrattiene con Stalin un rapporto altalenante; servilismo ed accondiscendenza da una parte, audacia e rischio dall’altra. Una testimonianza di questa ambiguità di fondo è costituita dalle lettere, la più importante delle quali, datata 28 marzo 1930, è stata scritta quando Bulgakov pare meditasse perfino un suicidio, camminando per le strade di Mosca munito di una pistola.


Questa vede uno scrittore disperatamente sincero alla ricerca di un “Miserere” dal grande dittatore: fu l’eccezione che conferma la regola, dato che Stalin in persona rispose, telefonando. Nella lettera Bulgakov concepiva due vie d’uscita dalla situazione critica in cui era intrappolato: l’espulsione dal paese o l’assunzione al Teatro d’Arte di Mosca, come fosse una sorta di compromesso di una vita artistica e di un’arte vitale, tra l’arte e la vita.

Il 17 Aprile 1930, ventiquattro ore prima della telefonata di Stalin, si erano svolti i funerali di V. Majakovskij, che si era tolto la vita il 14, alle ore 10.15, presso lo studio al passaggio Lubjanskij, a Mosca. Il fatto aveva suscitato impressione e scalpore, essendo un poeta riconosciuto all’unanimità come appartenente al popolo; in tre giorni circa centocinquantamila persone avevano reso omaggio alla salma del poeta.

In un momento storico così delicato, il suicidio di un altro letterato avrebbe forse incrinato la popolarità e l’immagine del regime. Il 18 Aprile 1930 Stalin telefonò personalmente a Bulgakov, al quale negò il permesso di abbandonare l’URSS, optando per la seconda scelta, promettendo un lavoro al Teatro d’Arte: il giorno seguente Bulgakov si recò al teatro moscovita dove fu subito assunto in qualità di aiuto-regista.


Nonostante questa telefonata, che illuse profondamente lo scrittore, non nacque mai un rapporto più umano tra i due interlocutori.


L’11 marzo 1940, il giorno dopo la morte di Bulgakov, dalla segreteria di Stalin telefonarono alla vedova per accertarsi dell’avvenuto decesso dello scrittore: «si tratta di burocrazia noiosa, una pratica da archiviare».


IL MAESTRO E MARGHERITA


È un romanzo ambientato negli anni ‘30 nell’Unione Sovietica staliniana. Già per questo è da considerarsi un’opera eccezionale, se pensiamo che in altre dittature – per esempio nella Germania nazista – nulla di culturalmente rilevante è stato scritto, e men che meno pubblicato.

Nel Maestro e Margherita si fondono due visioni e tre storie. Le due visioni:


REALTA’

Nelle pagine del romanzo possiamo «vivere» la Mosca degli anni ’20 e ‘30, conoscere luoghi, strade ed edifici ancora oggi reali


FANTASIA

L’elemento fantastico è la visita di Satana a Mosca, con un seguito di diavoli pronti a scatenarsi su arrivisti, speculatori, truffatori e spie di cui la capitale è piena


L’azione si svolge nell’Unione Sovietica, soffocata da burocrazia, corruzione e nichilismo (negazione della morale tradizionale). Una volta ogni secolo Satana in persona viene sulla terra per vedere come vive l’uomo, con il suo corteo di demoni, per scoprire se è cambiato interiormente o no.

Personaggi e Cornice


Il Maestro: è uno scrittore senza nome, così chiamato da Margherita che lo stima per il romanzo che egli sta scrivendo su Ponzio Pilato

Ad un certo punto, visto il proprio «romanzo religioso» stroncato dal critico Latunskij, il Maestro brucia il proprio manoscritto e «impazzisce». Finirà nella stessa clinica psichiatrica in cui verranno introdotte le vittime degli «scherzi» di Satana e compagnia.

Parentesi autobiografica: lo stesso Bulgakov fu come detto perseguitato dalla critica del regime e arrivò a bruciare il proprio manoscritto de «Il Maestro e Margherita»!.

Margherita rimane quindi sola, prigioniera di un matrimonio con un uomo che non ha mai amato.

Tutto sembra volgere al peggio, fino all’arrivo di Woland-Satana, mago negromante, accompagnato dagli assistenti Korov’ev, Azazello e dal gatto parlante Behemoth (in russo: ippopotamo). Woland e il suo seguito diventano i veri eroi positivi nella lotta alla corruzione, allo spionaggio, al materialismo più grezzo che imperversa nella Russia staliniana.

Possiamo trovare riferimenti sia a Goethe nel nome di alcuni personaggi (Margherita «Gretchen» - donna qui totalmente differente però dal punto di vista morale e caratteriale – e lo stesso Woland, presente nel Faust con il nome Voland e al Paradise Lost di Milton nell’idea di Lucifero quale eroe «positivo» contro un ordine prestabilito: un ordine imposto da Dio nella tradizione biblica, dal regime staliniano nella visione di Bulgakov.

Una menzione a parte merita Azazel- l'angelo sceso sulla Terra per offrire alle elementi di seduzione, presente sia nella Genesi che in Milton.

Una volta entrati in scena tutti i personaggi principali, Il Maestro e Margherita si rivela per ciò che è: una spudorata storia d’amore ambientata all’inferno-Mosca.


3 ROMANZI in 1


In Maestro e Margherita sono tre le storie che si alternano, o per meglio dire si intrecciano:

A.La storia d’amore tra il Maestro e Margherita (romanzo d’amore)

B.La narrazione della visita di Satana a Mosca (romanzo politico)

C.La vicenda di Ponzio Pilato e di Yeshua Ha-Nozri (romanzo storico-religioso)

Momenti e fatti salienti nel loro sviluppo parallelo:


A

Azazello convince Margherita ad essere la Regina al Ballo di Satana, per poter riavere il Maestro (torna l’idea del patto)


B

Al teatro del varietà di Mosca, Woland organizza uno spettacolo di magia nera che mette a nudo - metaforicamente e letteralmente - l’avidità della popolazione. Ogni persona ha vizi

che Woland espone.


C

Il procuratore Pilato incontra, nell’odiata Gerusalemme, il «filosofo» Yeshua; è conquistato dalla sua personalità e turbato dalle sue idee rivoluzionarie.


L’elemento magico, la magia nera, riveste nel Maestro e Margherita un ruolo fondamentale, così come nel Faust di Goethe e nel Diavolo Zoppo di Lesage, per citare altre due opere oggetto del nostro studio.

Vediamo alcune scene in lingua originale

tratte dalla serie TV «Il Maestro e Margherita»

di Vladimir Bortko. Siamo al Teatro di Varietà.

Woland, Korov’ev e Ippopotamo «intrattengono» il pubblico con tre numeri di magia nera:


-Pioggia di denaro (min. 3’30’’)

-Decapitazione del presentatore (min. 5’15’’)

-L’alta moda parigina entra in scena e seduce il

pubblico femminile presente (min. 10’20’’)



La questione abitativa, come altri problemi materiali, preoccupa i moscoviti più della salvezza dell'anima. Due momenti in particolare presentano la questione al lettore

-Capitolo 18 (l’ultimo del Libro Primo) – Lo zio del defunto Berljoz parta da Kiev per cercare di ottenere l’appartamento del nipote. «Non c’è dubbio, era dispiaciuto per per la morte del nipote della moglie, finito nel fiore degli anni. Ma, da persona positiva, si rendeva conto che la sua presenza ai funerali non era particolarmente indispensabile. Tuttavia, MaksimilianAndreevič si affannava a raggiungere Mosca al più presto. Che ragione aveva? Una sola: l’appartamento. Un alloggio a Mosca era una cosa seria! […] Le persone positive sanno che circostanze del genere non si ripetono. Insomma, superando qualunque difficoltà, bisognava trovare il modo di farsi assegnare l’appartamento del nipote in via Sadovaja.»

-Capitolo 22 – Korov’ev, assistente di Woland, accoglie Margherita nell’appartamento e di fronte allo stupore di lei per l’enorme spazio all’interno di un alloggio apparentemente così piccolo, le parla della quinta dimensione in questo modo: «Io del resto ho conosciuto gente che non aveva la minima idea non solo della quinta dimensione, ma in genere nessuna idea, eppure ha compiuto veri miracoli per quanto riguarda l’ampliamento del proprio alloggio. Per esempio, un tale, a quanto m’hanno raccontato, aveva avuto un appartamento di tre stanze sul bastione Zemljanoj, senza nessuna quinta dimensione e cose simili che fanno perdere la ragione, in un attimo lo trasformò in quattro stanze dividendone a metà una con un tramezzo. Poi lo barattò con due appartamenti separati in diversi rioni di Mosca: uno di tre e l’altro di due stanze. Così, deve convenire, sono diventate cinque le stanze. L’alloggio di tre stanze lo scambiò con altri due di due stanze l’uno e venne così a possedere sei stanze, come può constatare, è vero, sparse con gran disordine, ma tutte a Mosca. Stava già effettuando l’ultimo e più brillante cambiamento, avendo messo l’annuncio sul giornale che offriva sei locali in diversi quartieri di Mosca in cambio di un solo appartamento di cinque locali sul bastione Zemljanoj, ma il suo trafficare, per cause indipendenti da lui, fu interrotto. È possibile che ora abbia una stanza ma, posso assicurarglielo, non a Mosca. Ecco che furbacchione, e lei mi viene a parlare di quinta dimensione!»



1 finale per 3


Al termine della narrazione, l’ordine delle cose risulta pienamente ristabilito:



A.La storia d’amore tra il Maestro e Margherita ha il proprio lieto fine con il ritorno dei novelli Adamo ed Eva in un Eden collocato questa volta all’Inferno, non più in Paradiso

B.Woland-Satana e il proprio seguito fanno ritorno all’inferno, consapevoli che «I cittadini sono cambiati molto, esteriormente ... Ma per il resto...sono uomini come tutti gli altri. Amano il denaro, ma è sempre stato così. L’umanità ama il denaro, di qualunque cosa sia fatto, di pelle, di carta, di bronzo o d’oro. Sì, sono superficiali, che farci, e la misericordia talvolta bussa ai loro cuori, gente comune, in generale ricorda quella di prima…»

C.La «liberazione» di Pilato per mano del Maestro (min. 28’45’’) consente al tempo stesso il completamento del «romanzo nel romanzo» e l’incontro tra Pilato e Yeshua (quest’ultimo «scende» dalla luna per andare incontro al proprio carnefice). Dopo duemila anni di sofferenza e pentimento, i due possono incamminarsi insieme lungo un sentiero lunare (min. 45’00’’), mentre parlano tra di loro.



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